Il Convento dei Domenicani

L’8 marzo 1594 la cura pastorale del Santuario fu affidata ai frati domenicani della Provincia Santa Caterina degli Abruzzi. Fin da subito essi si adoperarono per la costruzione del convento, accanto al Santuario, destinandone parte di esso all’alloggio dei pellegrini.
Al sorgere del 1600 gran parte del convento sul lato occidentale era terminato così come nel 1603 era completa anche la costruzione sul lato settentrionale. Il convento era stato progettato a pianta quadrata con il grande chiostro al centro. Al piano terra vi erano la cucina, il refettorio e la sala capitolare, mentre al piano superiore quaranta alloggi per i frati. Al piano terra vi erano anche gli alloggi per i pellegrini. All’interno del convento vi era anche una biblioteca dove i frati si dedicavano pure alla riproduzione di testi teologici e liturgici. Ne troviamo memoria nei bellissimi corali conservati presso l’Archivio del convento (di cui 8 esposti nella sala capitolare del Convento).
Il 26 ottobre 1615 si dava inizio ai lavori per l’abbattimento sul lato meridionale delle vecchie baracche, quelle che erano servite a san Giovanni Leonardi e ai primi frati come abitazione, per realizzare un ospizio per i pellegrini, mentre sul lato occidentale veniva completato il chiostro e si costruiva il grande refettorio. Avevano termine così i lavori del piano terra del convento.
Nel 1618 venivano costruiti altri 20 alloggi sul lato meridionale. Il convento avrebbe avuto così alloggi per i frati su tre lati mentre il quarto sarebbe stato dedicato soltanto al refettorio.
Nel 1625 fu istituito lo Studium Teologico, affinché i frati chierici potessero studiare per prepararsi al sacerdozio.
Nel 1630 furono prolungati i lati nord e sud del convento oltre il refettorio, e fu creata sul lato occidentale una nuova ala destinata ad ospitare il noviziato con un piccolo chiostro per i novizi.
Nel 1645, nei locali vicini all’ingresso del convento, veniva aperta la Farmacia del convento ad uso dei frati e di tutti coloro che ne facevano richiesta, mentre al suo fianco vi erano delle botteghe artigiane e la taverna del convento gestita dalla famiglia di Michele Rea che serviva i numerosi pellegrini che affluivano al Santuario.
Nel 1650 il Convento dell’Arco era abitato da 61 frati: 34 sacerdoti, 21 conversi e 6 novizi. Tra questi vi erano i frati che si occupavano del Santuario, i docenti dello studium, i predicatori, i maestri e gli studenti; tra i frati conversi vi erano quelli addetti alle masserie di Lucignano e di Borrelli, un fornaio, un falegname, uno speziale, un guardiano di pecore e un calzolaio.
Negli ultimi anni del 1700, in convento furono realizzati dei lavori per migliorarne l’aspetto e la fruibilità.
Nella primavera del 1806 Giuseppe Bonaparte che si era insediato sul trono di Napoli emanò un decreto di soppressione degli Ordini religiosi presenti nel Regno e la confisca dei loro beni. Tale decreto fu attuato il 13 gennaio del 1808 al Convento di Madonna dell’Arco: arredamento, quadri, mobili e suppellettili così come l’intero complesso conventuale furono venduti all’asta, insieme con essi anche i tanti libri della biblioteca e tutti gli oggetti preziosi, i doni, i vasi sacri e i paramenti liturgici che appartenevano al Santuario.

Il popolo si ribellò a tale decisione e il 17 febbraio 1808 venne concesso che dieci frati domenicani rimanessero a servizio del Santuario, indossando però l’abito del clero secolare, e che gli fosse assegnato un alloggio dignitoso presso il loro ex convento. Con il decreto del nuovo re, Gioacchino Murat, i frati rimasti furono costretti ad abbandonare i pochi locali assegnati loro presso il convento e presero dimora in una piccola abitazione nei pressi del Santuario, continuando a servire i devoti della Madonna.
Il 23 settembre 1817 il complesso conventuale fu ceduto al Reale Albergo dei Poveri di Napoli, grandiosa opera voluta dal domenicano padre Gregorio Rocco, diventando così ricovero per gli ammalati, mentre ai frati rimanevano in uso soltanto otto stanze.
Agli inizi del 1822 padre Vincenzo Cassitto riuscì ad ottenere la restituzione di parte del convento, esattamente il corridoio meridionale e quello piccolo ad occidente destinato al noviziato, il chiostro e la spezieria privata dei suoi arredi. Si procedette così alla ristrutturazione del Convento perché potesse ospitare i frati che prestavano servizio al Santuario.
Con la spedizione dei Mille, guidati da Giuseppe Garibaldi, il 26 ottobre 1860, il Regno delle Due Sicilie fu consegnato a Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia. Iniziò così una nuova campagna anticlericale che produsse un nuovo decreto di soppressione il 17 febbraio 1861. Solo il 7 luglio 1866 fu emanata la definitiva legge della soppressione di tutti gli Ordini religiosi sull’intero territorio del Regno d’Italia.
Nonostante l’ordine di abbandonare il convento che fu destinato nuovamente dal Reale Albergo dei Poveri, alcuni frati decisero di non lasciare la cura pastorale del Santuario, rimanendovi come custodi della rettoria, nelle cinque stanze loro affidate nel corridoio meridionale.
Nel 1855 il Reale Albergo dei Poveri diede in affitto l’intero complesso conventuale all’Amministrazione provinciale di Napoli che lo adattò a manicomio. Cosi resterà fino al 1906.
Il 4 aprile 1906 il Vesuvio eruttò di nuovo provocando grandi danni al complesso conventuale. I frati e la gente si rifugiarono ancora una volta in Santuario sotto l’Arco potente di Maria e ne uscirono incolumi. Il convento fu dichiarato inagibile e il manicomio con i suoi ricoverati furono trasferiti altrove. Una volta effettuati i lavori di consolidamento, lo stabile fu trasformato in ospizio e intitolato alla regina Elena di Savoia.
Nel 1922 fu nominato rettore del Santuario padre Raimondo Sorrentino. Egli si adoperò a trattare con il Reale Albergo dei Poveri per ottenere qualche stanza in più del convento per potervi ristabilire la vita regolare della comunità dei frati. Ottenne metà del corridoio sud, il corridoio a est e mezzo giardino del chiostro, mentre dal comune di Sant’Anastasia ottenne l’utilizzo di cinque stanze e un camerone nell’ala occidentale per potervi far alloggiare gli alunni del seminario minore.
Il 10 luglio 1935 i frati acquistarono gran parte del complesso conventuale dal Reale Albergo dei Poveri, ed il 3 agosto abbatterono i muri che dividevano le loro celle dalle stanze occupate dall’ospizio riappropriandosi così del primo piano del convento. Mancava ai frati la parte del convento rivolta verso Napoli che era stata acquistata ad un’asta pubblica dal Barone Tortora Brayda che comprendeva l’antico portico dei pellegrini con il giardino, l’ammezzato posto sullo stesso lato e tutti i locali a piano terra sul lato nord sotto l’antico refettorio. Qui vi dimoravano i coloni e a piano terra vi erano le stalle, i depositi e il fienile.
Il 16 maggio del 1937 il maestro Generale Gillet ristabilì la Provincia Regni e vi nominò Priore provinciale il padre Sorrentino. Intanto il convento tornava allo splendore di una volta avendo all’interno anche lo Studium per i frati. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il 1° novembre del 1941, i novizi furono trasferiti dal convento di Barra a quello di Madonna dell’Arco, ma nell’estate del 1943, insieme ai frati studenti e ai collegiali, lasciarono il convento diretti a Cercemaggiore (CB) dove rimasero fino alla fine della guerra. In convento rimasero pochi frati che non vollero abbandonare il Santuario e di dedicarono alla cura pastorale del Santuario e all’aiuto del popolo. Terminata la guerra, tutti fecero ritorno al convento che riprese la sua vita regolare con 25 frati sacerdoti addetti alla cura pastorale del Santuario, 32 studenti e 70 collegiali.
Nel 1947 fu eletto priore del convento il giovanissimo padre Mariano Nazzaro. A lui si deve la grande rinascita del convento e del Santuario.
Nel 1957 padre Nazzaro avviò l’iter burocratico per ottenere i finanziamenti statali per i danni causati dalla guerra e poter procedere al consolidamento e al restauro dell’edificio conventuale. I lavori furono affidati all’ingegnere Antonio Passari.
L’11 maggio 1962 il lato occidentale del convento di cui parte era proprietà del Barone Tortora Brayda, crollò all’improvviso senza provocare vittime. Padre Nazzaro decise così di proporre al Barone la vendita di quella parte dell’edificio e di una fascia di terreno intorno al convento ai frati. Il Barone acconsentì alla vendita e i frati tornarono in possesso dell’intero edificio conventuale.
In occasione del Capitolo Generale del 1974 si procedette al restauro del Convento e alla ricostruzione del lato occidentale. Furono ospitati in convento, dal 23 agosto al 25 settembre, 180 frati provenienti da tutto il mondo che elessero il nuovo maestro dell’Ordine nella persona di padre Vincenzo De Couesnongle.
Il 24 maggio 1981, in ricordo del grandioso evento celebratosi al convento dell’Arco, nel giardino antistante il convento su via Arco fu posto il monumento a San Domenico opera del domenicano Thomas McGlynn.
Grazie all’interessamento del rettore, padre Damiano Bova, in occasione del Giubileo del 2000, essendo stato il Santuario inserito tra le tappe giubilari, il convento ha subito una radicale ristrutturazione terminata nel dicembre del 1999. Con questo intervento gli ambienti del convento ad uso dei frati sono stati adeguati alle attuali necessità.
Durante questi lavori di restauro è stato rialzato il livello del Chiostro di un metro, portandolo quasi a livello dei corridoi laterali.
Nel 2018 presso i locali del chiostro del Convento, sul lato meridionale, a fianco dell’Antica spezieria è stato collocato il Museo degli Ex Voto, rendendolo cosi visitabile ogni giorno negli stessi orari in cui è aperto il Santuario, dando la possibilità di visitare anche l’antica Spezieria del convento; sul lato settentrionale è stata invece collocata la Biblioteca e il Centro Studi sulla Religiosità Popolare che sono a disposizione degli studiosi.